Con il bambù gigante si può fare tutto.E in più: si salva anche l’ambiente (II).

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Completiamo l’intervista a Emanuele Rissone CEO di Forever Bambù. Nella parte precedente Rissone ha sottolineato e dimostrato che l’anima della sua azienda è duplice: imprenditoriale ma anche verde. 

In questa parte si affrontano altri aspetti del progetto, dai rapporti con l’economia circolare alla internazionalizzazione. La parola a Rissone:

D – Il bambù è riutilizzabile ed è riciclabile … Se sì che impianti e processi ci vogliono?

R- Partiamo dicendo che il bambù è interessante anche per la circular economy. Perché dico questo? Parliamo di un progetto che ho sviluppato di recente. Quando entreremo nella fase due – cioè nella parte in cui arriveranno i fondi, dopo la nostra quotazione – diventeremo internazionali. Per fare un esempio le racconto che ho avuto un colloquio in questi giorni con un fondo di Los Angeles che ci ha contattato.

Ci stanno interpellando aziende internazionali; una banca d’affari di Bangkok ecc. Con il fondo americano stiamo discutendo ad esempio di creare del cippato  (NDT – Legname di scarto o residuo di potature, ridotto in scaglie e impiegato come materiale da combustione o in alcune produzioni industriali), per fare biomassa e produrre energia. Oppure produrre del pellet.

R- In pratica come operate?

R- Ecco in pratica cosa facciamo: compriamo dei terreni, mettiamo a dimora  le piante,  creiamo le nostre foreste,  le industrializziamo con dei macchinari, le tagliamo a pezzi in modo che rimanga sempre in piedi la foresta, tagliamo a settori di anno in anno. Quel macchinario serve per prendere quella grande pianta e ridurla in pezzettini, in questo caso cippato per biomassa, per la quale abbiamo già la contrattualistica con società che con la biomassa producono energia. O potremmo investire e mettere noi i macchinari per produrre la biomassa e con quei macchinari produrre energia.

Per la circular economy noi potremmo, a partire dal terreno, creare una bellissima foresta;  con questa creare un’industria che produce energia, energia dal verde… e sarebbe una cosa meravigliosa.

D -Lei sarebbe il lettore ideale di Phoresta (con la PH)

R- Forse sì.  L’altra cosa che mi piacerebbe realizzare, un po’ più impegnativa come capitali, è un’economia circolare della carta. Vorrei creare delle foreste sufficientemente grandi per produrre, tenere in piedi una vera e propria cartiera che faccia anche trasformazione dal legno alla viscosa per poi estrarre la cellulosa.

E produrre la carta. E anche lì potremmo fare economia circolare e arrivare dalla foresta alla carta.  E la foresta poi la ri-creiamo.

D- E sì, adesso le cartiere sono un po’ nei guai perché si usa meno carta. Però… In realtà se ne usa ancora molta.

R- Sì, importano ancora quattro milioni di tonnellate. Sono otto milioni di utilizzo in Italia, quattro milioni importata.

D- Certo, non è vero che la carta non si usa più. Si era detto che spariva. Non si usa quasi più o molto meno per esempio per i quotidiani. Di questi se ne vendono sempre meno. Il mio edicolante con cui parlo sostiene che è molto raro per una persona sotto i cinquant’anni prendere un quotidiano. Sicuramente però ci possono essere altri utilizzi per la carta.

Altro argomento. La coltivazione del bambù: quanta terra e quanta acqua e come si raccoglie. E quanto richiede di anni?.

R- La coltivazione richiede una quantità di acqua importante che è all’incirca 6 litri al giorno per pianta. Molto importante. Questo però solo nei tre mesi estivi e avviene solo per gli anni in cui la pianta ha necessità di crescere e di formarsi – anni che saranno tendenzialmente tra i 3 e i 5,  massimo 6 o 7.

Dopo i primi 7 anni la foresta è in piedi. Immagini una foresta che si auto-conserva senza necessità di un intervento umano. Capirà quindi che alla fine l’impronta ecologia (soprattutto relativa al consumo di acqua) è completamente diversa. Mentre nei primi anni potrebbe essere a sfavore di questa pianta:  la verità è che nel medio periodo è totalmente a favore e appena messa in piedi una foresta strutturata lei non la deve più toccare. Si autogestisce.

Per quanto riguarda i trasporti dipende dal progetto. Le progettualità nostre sono quelle di realizzare degli impianti per fare il cippato o per fare la carta con la produzione di biomassa. Quindi cosa faremo? Abbiamo individuato una grande azienda che ci può ritirare il cippato. L’azienda è a Ravenna, quindi i terreni saranno limitrofi a quell’azienda per produrre cippato. Mentre se dovessimo decidere di fare una cartiera, mi lasci dire, la facciamo a Bologna e cercheremo nell’hinterland i terreni per le coltivazioni per trasportare il meno possibile. Cioè:  inquinare poco e avere una redditività maggiore.

D -Ecco un altro punto. Il bambù dove si può coltivare? Come diceva lei prima,  non tanto nelle colline…

R- Si può coltivare praticamente ovunque, con due MA. Se fa troppo caldo come nel sud d’Italia necessita  di più acqua e al contrario quando lei va nei posti caldi spesso di acqua ce n’è meno,  quindi non va bene. Se andiamo sugli Appennini il bambù può crescere ma c’è troppo freddo in inverno e quindi la crescita si rallenta. Quindi la fascia corretta è quella di Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana e il Lazio. Poi può farlo anche in Sicilia ma deve assicurarsi di avere sufficiente acqua.

D- Si parlava se il terreno è arido, argilloso…

R- Se il terreno è di media pasta è il migliore. Leggermente sabbioso. Noi abbiamo dei terreni argillosi e devo dire che le piante stanno facendo fatica. Però anche qui c’è una teoria che dice:  se le piante fanno fatica quando sono piccole quando poi cresceranno, il terreno argilloso permetterà probabilmente una redditività maggiore rispetto a quello sabbioso che ha fatto crescere la foresta ma  che magari poi produrrà meno.

D- Qui poi c’è la cosa che io ho anticipato…e cioè i terreni abbandonati … e nelle aree urbane?

R- Le aree urbane si possono recuperare con dei bambuseti, aiutando le aree abbandonate.

Per Forever Bambù, dal punto di vista industriale, non è proprio conveniente economicamente. Creare delle piantagioni in aree piccole, a bordo di fiumi, di riserve limitrofe a dei fiumi, stretti e lunghi sugli argini, potrebbe essere interessante per una regione, una provincia o una città ma potrebbe essere poco interessante per Forever Bambù.

D- Dopo avere coltivato una volta il bambù sul terreno si può ripiantare sullo stesso terreno?

R -La risposta è no. Non perché il bambù abbia consumato i principali nutrienti del terreno. Le foreste sono in equilibrio sotto tutti i punti di vista. Una foresta non consumerebbe mai il proprio terreno se no si distruggerebbe da sola tanto è vero che tutte quelle foglie che continua a cambiare il bambù le fa cadere sul terreno che poi marcendo fanno da concime.  Una foresta matura è difficile da togliere. Anche la foresta di bambù può essere tagliata, ma è molto complicato: quando lascia dei rizomi sotto terra si sviluppano dei germogli sottoterra che poi crescono durante l’anno.

D- Allora come si diceva il bambù sostituisce il legno…

R -Assolutamente sì, sotto tutti i punti di vista

D – Il bambù ha molti usi e, se sì, che vantaggi economici ed ecologici offre?

R – Moltissimi usi, abbiamo detto oltre 1600. Ed è ecologico al 100% perché dopo pochi anni dal taglio ricresce forte e vigoroso.

D- Perché i prodotti fatti con il bambù sarebbero preferibili?

R- Esclusivamente per l’ecosostenibilità. Qualcuno dice che il bambù è più bello, ma non è più bello di qualunque altro legno. Semplicemente è ecosostenibile. Pensiamo a un arredamento in noce; sarebbe ancora possibile? Forse, anche se il noce è quasi sparito e quel poco costa un patrimonio.

Al contrario creare un arredamento in bambù per i prossimi cento anni si può fare a occhi chiusi e in più facendo del bene al pianeta. Continueremo a produrre legno e continueremo a fare foreste di bambù perché quelle continueranno a produrre legno.

D- Come mai nessuno in Italia ha pensato a piantare bambù?

R- Adesso ci stanno pensando. Al momento ci sono tanti concorrenti. Aziende grandi no. Strutturate per andare in borsa ci siamo solo noi. Ma di piccole aziende che hanno percorso questa idea ce n’è una quantità. Ogni regione ne avrà tre o quattro perché è interessante e molto futuristica.

D- Mi ricordo un negozio che c’era a Milano

R- Sì molto bello. Però quel negozio aveva tutto arredamento etnico. Il limite di quel negozio era che quei prodotti erano fatti in legno di bambù trattati superficialmente.

Quello che intendo fare io è lavorare il legno di bambù come un legno di utilizzo quotidiano. Io posso farle vedere un miliardo di cose realizzate. Però questo arredamento qua è un arredamento etnico che non può avere un futuro in occidente. Non si può pensare che il futuro sia fare una casetta  del genere (in stile orientale)… Siamo in occidente,  la gente non compra queste cose.

La gente però compra … poniamo una sedia. Se la sedia è in bambù funziona, compra una chitarra … e così via, tutto quello che è fatto di legno può essere fatto in bambù. Addirittura un casco omologato può essere rivestito di bambù. Con la sua fibra si fanno mille oggetti: panni per la cucina, una sciarpa, presine, asciugamani, lenzuola, vestiti, la cui unica differenza con gli altri è la morbidezza e la vestibilità. Molti stilisti stanno facendo prodotti in bambù; una giacca fatta in fibra di bambù, un maglione… veramente si può fare qualsiasi cosa: il bambù ha un gran futuro.

D – Noi abbiamo un concetto del bambù gradevole (canneti ecc); cose simpatiche ma molto lontane. Il concetto che ha l’uomo della strada è lontanissimo da questa realtà del bambù gigante.

R -Ribadisco. Le foreste di bambù sono piene di foglie e di verde. E tutto questo produce ossigeno. Per questo io sono così innamorato di questa pianta.

Ringraziamo Emanuele Rissone che seguiremo nella sua avventura imprenditoriale ed ecologica .