Il tuo sacchetto della spesa sarà fatto con gli insetti.

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Il mio gioco preferito da bambino? Far finta di essere un pirata! Quanti di voi non hanno sognato almeno una volta nella vita di partire per un viaggio avventuroso attraverso l’oceano combattendo contro mille pericoli. Tempeste, squali, onde gigantesche e…. isole di plastica. Già perché se decidete di mollare tutto e diventare dei marinai sappiate che è molto facile che vi possiate arenare in una delle tante isole di plastica sparse per i nostri oceani. Nell’oceano Pacifico ne è stata scoperta una che si stima essere grande quanto la penisola iberica.

Le bioplastiche sembrano essere una valida alternativa per “gettare” definitivamente quella derivata dal petrolio. Attenzione però, le bioplastiche non sono tutte biodegradabili. Questo dipende dal materiale con cui sono progettate. Attualmente si possono produrre bioplastiche biodegradabili partendo da componenti di origine naturale come: amido di mais, cellulosa e… insetti! Sembra incredibile, ma un gruppo di ricercatori ha messo a punto un sistema per creare la plastica usando le larve di alcuni insetti. Ci racconta di questo singolare progetto chiamato ValoriBio la professoressa e ricercatrice Lara Maistrello, entomologa dell’Università di Modena-Reggio Emilia.

D-Che cos’è ValoriBio?

R-É un progetto pionieristico di economia circolare finanziato dalla regione Emilia Romagna che ha come scopo la produzione di bioplastiche completamente biodegradabili partendo dai rifiuti organici zootecnici e passando attraverso gli insetti.

D-Quali figure hanno preso parte al progetto?

R-È stata una collaborazione congiunta tra centri di ricerca pubblici, con la partecipazione di alcune imprese private. Di questo gruppo fanno parte i Centri Interdipartimentali BIOGEST-SITEIA e InterMech entrambi dell’Università di Modena-Reggio Emilia, che curano rispettivamente gli aspetti entomologici-agronomici, meccanici e ingegneristici del progetto, il centro SITEIA-Parma dell’Università di Parma che ha curato gli aspetti chimici e Reggio Emilia Innovazione, deputata alla disseminazione. Le imprese partner erano una società del Gruppo Amadori, IREN Ambiente Spa e Kour Energy Srl.

D-Come è nato questo progetto?

R-É nato dall’esigenza del Gruppo Amadori di trovare un’alternativa proficua per smaltire le deiezioni  nell’allevamento dei polli. Normalmente, date le alte concentrazioni di ammonio, le lettiere con le deiezioni devono essere trattate in maniera speciale prima di poter essere smaltite. Le aziende di questo settore devono quindi investire grosse somme di denaro per potersene liberare. Noi però abbiamo trovato una soluzione economica, pulita ed ecologica a questo problema. Lasciamo che siano gli insetti a smaltirlo! E non solo si riducono i costi, ma si possono ottenere  prodotti ad alto valore aggiunto!

D-Di che insetti stiamo parlando?

R-Utilizziamo le larve di un insetto chiamato Mosca soldato. Queste larve sono in grado di crescere anche in presenza di alte concentrazioni di ammoniaca e possono nutrirsi praticamente di qualunque tipo di sostanze organiche. Le larve allevate sulle lettiere con gli escrementi dei polli sono degli efficientissimi bioconvertitori che in brevissimo tempo assimilano e metabolizzano la sostanza organica presente riuscendo ad accrescersi. Quando raggiungono un particolare stadio di accrescimento chiamato di pre-pupa, lo stadio antecedente a quello adulto, le raccogliamo.

D-Che cosa ne fate delle larve che raccogliete?

R-Le trasformiamo in materiale plastico naturale! Per farlo i chimici dell’Università di Parma frazionano le larve, cioè separano chimicamente tutte le sostanze più importanti che compongono il corpo della larva: le proteine, i lipidi e la chitina. Ciò che serviva agli ingegneri dell’Università di Modena e Reggio Emilia per creare le bioplastiche sono le proteine, con le quali hanno progettato dei teli da pacciamatura. É un materiale usato in agricoltura e giardinaggio per impedire la crescita delle erbe infestanti.

D-Cosa accade ai teli pacciamanti una volta che si disgregano e finiscono nell’ambiente?

R-Essendo fatti di proteine di origine animale si degradano totalmente. Non vi è alcuna presenza di sostanze sintetiche o non degradabili. Quindi non andiamo in alcun modo a inquinare l’ambiente, ma al contrario, biodegradandosi i nostri teli diventano concime per il terreno apportando azoto, uno degli elementi fondamentali per la crescita delle piante.

D-Che cosa ne fate delle altre sostanze?

R-I lipidi (sostanze grasse) potrebbero essere utilizzate come componente dei mangimi oppure per farne biodiesel. Una direttiva europea vieta (regolamento CE 999/2001) l’uso di proteine di origine animale per la composizione di mangimi destinati agli allevamenti di bestiame e di animali da cortile. Tale direttiva venne adottata in seguito ai casi di encefalopatie spongiformi bovine (BSE), il morbo della mucca pazza. Per l’allevamento di polli e altri avicoli tale direttiva andrebbe a mio avviso aggiornata, si dovrebbe permettere l’uso di farine di insetti per la loro alimentazione. A oggi le farine di insetti trovano impiego solo nell’allevamento dei pesci.

D-Quali sono le difficoltà maggiori nell’allevamento della Mosca soldato? E quali sono le prospettive industriali?

R-I problemi di fondo erano tre: come far accoppiare gli adulti in maniera massiva, come raccogliere le uova da cui nascono le larve e come bilanciare i nutrienti del substrato su cui far crescere le larve.

Per risolvere il primo problema abbiamo dovuto studiare l’influenza della luce sulla fertilità e la vitalità degli adulti. La luce infatti gioca un ruolo cruciale nel metabolismo degli insetti arrivando a modificarne anche la riproduzione. Abbiamo studiato e messo a punto un sistema di LED in grado di proiettare particolari luci blu e verdi, con cui potevamo massimizzare la produzione di uova.

Il problema più grande era come raccogliere le tante uova in maniera pratica e veloce. In collaborazione con l’azienda partner Kour Energy S.R.L abbiamo messo a punto un impianto pilota per l’allevamento industriale della Mosca soldato. L’impianto è composto da varie parti: un bioconvertitore dove crescono le larve e una camera dove gli adulti si accoppiano e depongono le uova. Per raccogliere le uova dovevamo costringere le femmine a deporre in un unico sito. Abbiamo costruito con una stampante 3D dei cilindri di plastica con una serie di dischi impilati in modo da creare delle fessure. Al centro dei cilindri si dispone un mix di sostanze naturali che emana un odore putrescente che attira le femmine per deporre le uova. Ogni cilindro è estraibile e non andiamo a disturbare gli insetti aprendo la cabina. Dai dischi le masse di uova si possono facilmente raccogliere e possono essere trasferite nel bioconvertitore dove avviene l’accrescimento delle larve.

D-Il processo produttivo appena descritto porta alla produzione di rifiuti?

R-Tutti gli scarti che si producono trovano il giusto impiego. Riusciamo infatti a riutilizzare anche il substrato residuo dopo che le larve sono cresciute. I colleghi agronomi dell’Università di Modena-Reggio Emilia hanno condotto esperimenti per valutare le potenzialità di questo residuo come concime per le piante. Dai primi risultati ottenuti su pomodoro, basilico e insalata abbiamo scoperto che aggiungendo  questo residuo al 10% nel terreno la produzione aumenta come se si fosse usato il concime chimico…ma questo è 100% naturale!

D-Un sistema circolare perfetto!

R-Beh non del tutto, in realtà le prove in campo sulle bioplastiche hanno rilevato che… si degradano troppo in fretta! Dovremmo lavorarci ancora su perché svolgano al meglio il loro ruolo di teli pacciamanti.

Ringraziamo la professoressa Lara Maistrello per le sue illuminanti spiegazioni.